lunedì 30 aprile 2012

Silenced ( Hwang Dong-hyuk , 2011 )

Giudizio: 6.5/10
Quando l'emozione diventa insostenibile

Con il premio assegnato al FEFF a Silenced del coreano Hwang Dong-hyuk, si conferma la regola che il pubblico corre a vedere le commedie, ride e si diverte, si appassiona agli action movie, ma quando c'è da assegnare il premio sono i lavori a più forte impatto emotivo quelli che vengono privilegiati, come successe anche lo scorso anno con il ruffiano Aftershock.
In effetti questo lavoro colpisce forte fino quasi al raccapriccio e soprattutto , a differenza del vincitore della scorsa edizione, non intraprende strade brevi e semplici per farlo , ma ricorre ad un coraggioso racconto solo parzialmente offuscato da una seconda parte di film non proprio eccelsa.
Ispirandosi ad un vero fatto di cronaca avvenuto qualche anno addietro, Silenced racconta la storia di un insegnante inviato a lavorare in una scuola per sordomuti; l'uomo sembra animato da un idealismo ferreo che risiede anche probabilmente nella sua condizione di giovane vedovo, ma l'impatto con un ambiente inospitale dominato dalla nebbia lascia subito intendere che le cose non saranno semplici.

Ben presto si renderà conto, attraverso la paura che regna negli occhi dei ragazzini , che l'ambiente scolastico nasconde qualcosa di angosciante e ne avrà presto conferma  quando assiste alle violenze cui sono sottoposti i giovani alunni dell'orfanotrofio.
Attraverso immagini che vanno forse anche al di là del sostenibile emotivamente, il racconto dei soprusi e della violenza che regna nella scuola, domina tutta la prima parte del racconto fino a quando l'insegnante, spalleggiato anche da una donna attivista nel campo dei diritti umani, decide di intraprendere le vie legali per sottrarre i ragazzini alle violenze e portare alla condanna degli aguzzini.
Il film perde la sua forza allorquando imbocca la strada del thriller processuale: tutto ciò che all'inizio era coraggioso racconto di un ambiente violento e degradato si affloscia nell'aula del tribunale fino a portare ad una conclusione che suscita rabbia e che scatena la vendetta di uno dei ragazzini.
Il lato più valido del film sta proprio nel racconto che non pone filtri e barriere con immagini e situazioni che disturbano, nell'indagare un ambiente in cui certe pratiche erano abituali, nella sconfitta che si disegna inesorabilmente nella coscienza dell'insegnante che si vede trasformato da pedagogo a difensore civico, da cui, inutile nasconderlo, tutti ci aspettavamo una deriva finale intrisa di vendetta in perfetto Korean style che invece non arriva.
Tutto quello che di buono il film offre, specialmente sotto l'aspetto emotivo e drammatico, scaturisce con coerente naturalezza e semplicità anche là dove rappresenta senza filtri e mediazioni situazioni agghiaccianti; per tale motivo la pellicola di Hwang ha l'enorme pregio del coraggio di raccontare un degrado morale abissale nel quale sguazzano i carnefici e affogano le  vittime.
Proseguire su questo registro probabilmente sarebbe stato troppo, ma la strada scelta nella seconda parte purtroppo toglie quell'opprimente oscurità malefica che caratterizzava il racconto all'inizio e che dava dei connotati di infinita tragicità.
Il risultato finale è quindi un lavoro che ha delle qualità , bello nel suo essere drammaticamente sporco, coraggioso fino ad un limite che il regista non ha voluto superare, ma che non giustifica totalmente il riconoscimento ricevuto, anche se l'ammutolita platea del festival avrà avuto notevoli difficoltà a strapparsi di dosso i brandelli di umanità distrutta che lascia questo film.
Bravissimi i ragazzini interpreti del film, sui quali sarebbe interessante sapere che tracce nella psiche ha lasciato, mentre Gong Yoo nel ruolo del maestro è capace di regalare il giusto sconcerto col suo volto.

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