martedì 11 ottobre 2016

Kaili Blues / 路边野餐 ( Bi Gan / 毕赣 , 2015 )




Kaili Blues (2015) on IMDb
Giudizio: 8/10

Consacrato in maniera definitiva dal Festival di Locarno del 2015, Bi Gan si è prepotentemente imposto come uno dei giovani registi cinesi indipendenti di forte stampo autoriale più validi degli ultimi tempi: la sua opera prima Kaili Blues ha infatti ridato fiato a quella straordinaria cinematografia cinese che trova soprattutto in alcuni registi della Sesta Generazione il punto di riferimento più vicino; la visione del film non potrà non richiamare alla mente atmosfere e tematiche proprie a Jia Zhangke o Wang Xiaoshuai dimostrando come , seppur compressi, soverchiati e a volte emarginati dal potentissimo sistema mainstrem cinese in continua crescita, il cinema d'autore conservi ancora una anima limpidissima e una ammirevole tenacia.


Ambientato nel Guizhou , il film narra di Chen Sheng , un medico che lavora in una fatiscente clinica insieme ad una anziana collega, nella città di Kaili. L'uomo ha un passato tormentato trascorso in prigione per aver tentato di fare giustizia per uno sgarbo subito dal suo capo gang, il cui figlio fu sepolto vivo dopo avere subito mutilazioni; tornato in libertà scopre che la moglie è morta di malattia ed il fratellastro, un poco di buono, non si occupa in modo degno del figlio, anzi lo manda a vivere presso un amico, probabilmente vendendolo.
Chen decide che è ora di mettersi in viaggio alla ricerca del nipote e anche del suo passato e di quello della anziana collega che gli chiede di rintracciare il suo vecchio amore.
Sulla strada per Zhenyuan Chen fa tappa presso Dangmei in pieno territorio abitato dall'etnia Miao: qui il suo passato, il suo presente e , forse anche il suo futuro sembrano convergere.
La storia tutto sommato semplice è però resa molto articolata dalla costruzione e dall'uso che ne fa Bi: anzitutto c'è una introduzione letteraria che fa riferimento al Sutra del Diamante in cui si dichiara che la mente , sia essa del passato, del presente o del futuro, non può essere compresa, e questo verso di fatto dà l'impronta a tutta la poetica di Kaili Blues. Una perenne ricerca nello spazio e nel tempo della comprensione dei nostri atteggiamenti e dei nostri pensieri.

Sotto questa luce appare subito chiaro come il tempo, quasi ossessivamente scandito da orologi, veri o finti che si rincorrono sullo schermo, si pone come il primo cardine della riflessione del regista: Chen nel suo viaggio, che forse potrebbe essere semplicemente un sogno, o frutto dell'immaginazione spinta dal desiderio di comprendere, tende a coagulare intorno a sè il tempo, quando nella città di Dangmei il presente sembra guardare al passato per poi proiettarsi nel futuro, nel momento in cui in una giovane donna del posto intravede la moglie morta e nel suo accompagnatore nel giro nella città adagiata sugli argini del fiume sembra proiettare l'immagine del nipote.
Ma Kaili Blues è anche una sfida allo spazio: treni che scorrono sui muri delle case come fossero un film e che però lentamente si trasformano in immagini vere, il vagare di Chen nella città sul fiume che dilata prima e poi coagula lo spazio grazie ad uno straordinario e coraggioso pianosequenza di quaranta minuti nel quale il regista ora segue, ora bracca, poi anticipa i personaggi con la sua macchina da presa, scendendo scale, passando ponti, guadando il fiume, infilandosi nelle case e nei negozi.
E poi sparse nel racconto, quasi a contrappuntarlo, poesie declamate dalla voce pacata e bassa di Chen, scritte dallo stesso regista e raccolte in un volume dal titolo Roadside Picnic, che ben lungi dall'essere pedanti divagazioni letterarie e dall'appesantire il fluire del racconto ben si imbricano con le immagini.
Insomma Kaili Blues è opera nella quale al racconto che possiede tutte le stigmate del road movie si affiancano le tematiche della ricerca del passato e dell'accettazione del presente attraverso uno stravolgimento spazio-temporale che il regista introduce con un paio di trovate tecniche riuscitissime; se a ciò aggiungiamo uno sguardo permeato di esperienza personale ( Bi è nativo di Kaili e di etnia Miao), un dipinto di una Cina rurale che sa essere sorprendente e cinematograficamente quasi strabiliante sotto tutti gli aspetti, qualche vago accenno a tematiche sociali, senza mai però divenire dominanti, non risulta difficile capire perchè l'opera prima del giovane regista cinese abbia folgorato non solo Locarno ma anche svariati altri Festival minori; Kaili Blues è film che lascia sgorgare uno spirito poetico sincero, mai forzato, ricco di di umanità, sospesa tra sogno e realtà, spazio e e tempo.


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