lunedì 13 marzo 2017

E' solo la fine del mondo [aka It's Only the End of the World] ( Xavier Dolan , 2016 )




It's Only the End of the World (2016) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

Seppur ancora giovane e con sei film alle spalle, Xavier Dolan è assurto ormai in maniera definitiva a regista di moda per eccellenza: valanghe di premi provenienti dalla Croisette che, come al solito, furbescamente lo ha adottato a figlioccio adorato e non solo per affinità idiomatiche, epiteti che solitamente si riservano ai Maestri imperituri dell'Arte, grida corali al "capolavoro" per ogni lavoro sfornato, un totem cinematografico che trasforma in oro tutto ciò che riprende e che fa del suo anticonformismo una religione idolatrata in maniera trasversale da tutti.
Naturalmente il suo ultimo lavoro , forte del consueto premio rimediato a Cannes, non viene meno al clichè che circonda questo ventisettenne del Quebec: "ennesimo capolavoro" abbiamo sentito urlare a squarciagola da una buona parte della critica riguardo a E' solo la fine del Mondo, drammone tratto dalla omonima piece teatrale di Jean-Luc Lagarce.


Louis torna a casa dopo dodici anni essersene allontanato recidendo i contatti con tutti; non è un viaggio di piacere, il giovane, affermato scrittore, è malato terminale e seguendo forse più un istinto che la ragione decide di fare visita alla sua famiglia per metterli al corrente della situazione; una famiglia che però vive di grosse contrapposizioni astiose, solo in parte sopite, tra i vari membri: una madre che si trucca come un travestito, una sorella minore che praticamente Luois neppure conosce , un fratello maggiore che cova una profonda avversione verso di lui e una cognata timida e impacciata soverchiata dal marito prepotente e aggressivo.
Lungi dall'essere un momento di riunificazione, la vista di Louis diventa  il detonatore che fa esplodere tutti i rancori sopiti e le striscianti dinamiche che intercorrono nella famiglia.
Louis è il talento che ha fatto strada, lasciando dietro di sè la famiglia, abbandonandola alla sua mediocrità, umiliandola con la sua assenza e il suo silenzio; un silenzio che l'uomo protrae quasi per tutto il film, come fosse incapace di calarsi in una guerra continua senza confine.
Costruito come la più classica delle opere da camera con forte influsso teatrale, E' solo la fine del mondo è un lavoro che offre il meglio di se nella sua impalcatura strutturale; la scelta di ambientare tutto il racconto all'interno di una casa con solo una breve digressione all'esterno, impone delle scelte tecniche di ripresa che Dolan affronta indubbiamente in maniera impeccabile: piani fissi con il fuoco che si alterna sui volti dei protagonisti e scelte cromatiche e di luce che sembrano dilatare gli spazi concorrono ad una armonicità che a sua volta va a contrapporsi ad una frenesia verbale , quasi una rissa continua  che emerge in ogni dialogo.

Proprio questa ridondanza verbale e un uso eccessivo della contrapposizione violenta  sono però il limite del lavoro di Dolan che in alcuni momenti sfiora l'eccesso, come nel finale francamente sopra le righe.
Vero che affrontare un tema drammatico in maniera troppo convenzionale avrebbe probabilmente portato al melodramma nudo e crudo, ma l'impressione è quella che Dolan tenga sempre il registro su livelli fin troppo alti vicini all'eccesso, puntando la sua attenzione soprattutto sul rapporto tra Loius e il fratello maggiore, quello di certo più carico di odio e di rancore.
L'implosione della famiglia di Louis, dove il tempo non solo non ha sopito i rancori e le ferite personali, ma le ha addirittura amplificate portandole all'estremo, è un po' la lettura delle dinamiche proprie della famiglia come istituzione: è questa la fine del mondo cui si riferisce il titolo?
Il lavoro di Dolan quindi da una parte regala sicuri aspetti degni di nota ( quelli tecnici ad esempio e anche la scelta della struttura narrativa) , dall'altra invece sembra deragliare in maniera fragorosa nella esplosione dell'ordigno rimasto sotto terra per tanti anni nel nucleo famigliare del protagonista.
Se Gaspard Ulliel non convince troppo nel suo ostinato mutismo e nella sua recitazione fatta di smorfie e Vincent Cassel appare addirittura oltre le righe ben più di quanto richieda il suo personaggio nevrotico e violento , Marion Cotillard nella parte della cognata che, forse, è quella che ha capito tutto e Lea Seydoux nei panni della sorella minore che sembra quella che soffre maggiormente dell'assenza del fratello, regalano invece una prova molto bella e ricca di intensità.

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